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Fate attenzione alle indicazioni che riporterò qua sotto!!!
(le storie che vengono postate, anche se spinte, non sono reali e nessuno è obbligato a leggerle quindi se deciderete di farlo e ne rimarrete sconvolti gli amministratori del blog non ne avranno nessuna colpa in quanto hanno avvisato i lettori)

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Tratta/Fandom: i protagonisti della storia e le rispettive coppie se d'amore.

Tipo/Genre: tipo di Fanfiction, i tipi sono molto semplici e tutti possono capire senza quei PG-NG bla bla che io personalmente trovo molto incasinati^^

Crack (ironico quasi demenziale^^)
Natural (semplice, per tutti i lettori)
Natural Love (amore semplice, per tutti i lettori)
Yaoi (amore omosessuale (tra due uomini))
Yuri (amore omosessuale (tra due donne))
Sad (triste, dedicata a tutti ma strappalacrime)
ecc...(in costruzione)

ogni tipo di fic avrà a lato una descrizione

(scene semplici, contenuti normali) Storia adatta a tutti, ma attenzione al Tipo di storia (per esempio una Yaoi o Yuri anche se adatta a tutte potrebbe comunque avere scene di baci o altro che non tutti gradiscono)

(scene esplicite, contenuti espliciti) adatta ad un pubblico adulto o consapevo che la storia avrà delle parti esplicite e non adatti a tutti.

(scese esplicite, contenuti molto espliciti) adatta ad un pubblico adulto o consapevole che quello che leggerà avrà sicuramente scene forti e non adatte a tutti.

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grazie per l'attenzione e buona lettura
Masayume e Marieluna

FANFICTION FANTASY

Blog dedicato a tutti gli appassionati di fanfiction.
Qui potrete trovate tutte le vostre storie preferite, romantiche, d'azione, piene d'amore,
yaoi o yuri a vostro piacimento.
Inoltre chiunque voglia publicare la sua fanfiction può farlo mandandomi un e-mail,
verranno inseriti i credits opportuni.
Spero che questo nuovo blog vi piaccia e possiate divertivi.
baci

Masayume

valewinnie18@gmail.com
MasayumeKisu@hotmai.it

tutte le storie sono frutto della fantasia delle scrittrici / scrittori, quindi non contengono fatti realmente accaduti a parte diverse descrizioni delle stesse autrici/autori.
All'inizio della storia viene detto esplicitamente se può essere letta da tutti oppure se contiene scene
troppo forti o non gradite quindi leggete attentamente prima di imbattervi in cose che non
volete leggere.
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Masayume e Marieluna

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Masayume e Marieluna

giovedì 17 settembre 2009

God Save The Prince


Autrice: Fei
Tratta: Storia Inventata
Tipo: Yaoi (esplicito)






1 capitolo
THE INCONVENIECE

"L'aereo in partenza dal Gate 7 ha subito un ritardo di 50 minuti.
Pertanto si pregano i gentili passeggeri di accomodarsi nella lounge. Grazie"

-Bene, non posso nemmeno tornarmene a casa in santa pace...-
Fissò per qualche altro secondo il tabellone dei voli, poi raccattò la sua valigia
e si diresse verso la lounge dell'aeroporto, cercando un bel posto appartato.
Si sedette con noncuranza guardandosi intorno alchè il suo cellulare cominciò a squillare. Sospirò.
-Oi, Dai-chan!- un vocione da uomo delle nevi risuonò nel suo orecchio.
-Salve Kashiwara-sensei- rispose con tono seccato.
-Oh mamma, che tristezza! Posso vedere quel tuo musone lungo da qui sai?- ridacchiò divertito.
L'altro emise un grugnito in tutta risposta.
-Senti senti, ma non devi essere già bello che partito?-
-Se ti ho risposto mi pare ovvio che sono ancora con i piedi per terra- sbuffò sempre più scocciato -L'aereo ha avuto 50 minuti di ritardo- aggiunse ripensando alla fastidiosa voce della signorina.
-Beh, ringrazia l'aeroporto perchè qui abbiamo un grosso casino.-
-Ovvero?- chiese mentre un alquanto brutto presentimento si fece strada in lui. Ed anche un bel mal di testa, perchè no?
-Vieni all'ospedale e basta, non posso parlartene al telefono- disse cambiando tono di voce per poi riattaccare.
Rimase per cinque secondi con il cellulare ancora all'orecchio, quando si decise ad alzarsi, prendere la sua roba e raggiungere l'ospedale.
Sbuffando uscì fuori dalla struttura e si diresse verso uno dei taxi fermi nel parcheggio.
Si sedette sul sedile posteriore, diede all'autista le indicazioni e approfittò di quel lasso di tempo per cambiarsi.
Aprì il suo bagaglio a mano e prese il suo camice. Soffermò il suo sguardo sulla targhetta e fissò il proprio nome. Daisuke Higuchi.
Quel nome non gli si addiceva per niente. Daisuke significa "grande aiuto" e lui, in qualità di chirurgo, di aiuto non ne aveva dato proprio a nessuno. Semmai aveva fatto il contrario. Nonostante fosse il primario del suo reparto, sentiva quel titolo pesargli sulle spalle, perchè sapeva di non meritarselo per niente.
Con lentezza s'infilo la veste bianca e se la sistemò svogliatamente, con la voglia sempre più impellente di strappare quel cartellino e buttarlo una volta per tutte.
Perso com'era nei suoi pensieri, quasi non sentì l'autista comunicargli l'arrivo a destinazione. Lanciò prima un occhiata fuori dal finestrino, poi diede i soldi al
conducente e uscì fuori dal veicolo.
-Eccoci qui.- Fissò la facciata della struttura che imponente riportava il suo nome: Tatsumi Memorial Hospital. Sbuffò pensantemente e s'incamminò, con bagagli al seguito, verso l'entrata. Non fece nemmeno tre passi che già vedeva qualcuno corrergli incontro.
-Higuchi-san! Bentornato!- esclamò una voce femminile e cristallina, sorridendo.
-Mmh- mugugnò alla ragazza dinanzi a lui. Airi Fukimura, un'infermiera novellina che sembrava di più essere addetta all'accoglienza delle persone che a curare pazienti.
-Kashiwara-sensei la sta aspettando nel suo ufficio- disse preoccupata.
Emise l'ennesimo sbuffo di quella giornata -Non è che potresti occuparti dei miei bagagli?- chiese seccato.
-Certo!- sorrise di nuovo per poi fargli segno di sbrigarsi.

Con passo di bradipo raggiunse il suo ufficio, l'unico luogo dove poteva rilassarsi durante le stressanti giornate lavorative. Tuttavia sembrava che quel giorno non fosse così.
Aprì la porta e quello che si ritrovò davanti fu un qualcosa di raro.
Tutti i chirurghi dell'ospedale si erano riuniti in quel piccolo buco e lo fissavano con aria preoccupata.
-Bentornato Higuchi- disse con tono basso l'unica donna presente nella stanza.
Rispose con un cenno del capo, poi si diresse verso la sua poltrona. Si sedette lentamente guardando ad uno ad uno con aria preoccupata. Nessuno osava fiatare. -Insomma mi volete dire cosa sta succedendo? Kashiwara-sensei?-
L'interessato si schiari la gola -Prima di tutto non farti prendere dal panico, ma tuo padre ha avuto un malore-
Il suo sguardo si fece inevitabilmente truce -E magari volevi aspettare che fossi già arrivato in Canada per dirmelo?-
-No no- si scusò l'altro -Non è grave, anzi sta meglio di me. Ha avuto un malore proprio per il casino che sta succedendo in questo ospedale-
-E volete dirmi di cosa si tratta?- cercò di contenere il tono della voce.
Questa volta prese parola un altro chirurgo -Daisuke ti ricordi quel fatto di tre mesi fa?-
-Tre mesi fa?- ripetè pensieroso. -Non mi viene niente in mente. Continua ad illuminarmi Tetsuo-
Sospirò. -Quando tuo padre si rifiutò di ricoverare quel ragazzo malato di cuore, figlio di uno Yakuza. Ricordi?-
-Ah...si- se lo ricordava benissimo ora. -E quindi?-
-Beh, stamattina il padre ha chiamato e ci ha minacciato di farci diventare come fuochi d'artificio se non gli curiamo il figlio- disse impassibile.
-Tuttavia il ragazzo è ancora in lista di attesa. Non riusciamo a trovare un donatore disponibile per un trapianto- continuò la donna.
-Maiko-chan, dove lo troviamo un cuore nuovo, giovane e in salute in così poco tempo?- chiese Kashiwara palesemente irritato.
-Perchè quanto tempo abbiamo?- domandò Higuchi stupito, guardando i presenti.
-Una settimana- toccò a Tetsuo parlare.
-Questo è impazzito!- stavoltà urlò. -E' una cosa impossibile!-
-Dai-chan, calmati su. Va a finire che dobbiamo ricoverare anche te- disse Kashiwara dandogli una pacca sulla spalla.
-Se non sbaglio quel tizio ha detto che se gli ricoveriamo il figlio in giornata, forse ritrattava il tempo che abbiamo a disposizione...- fece Maiko pensierosa.
-Dobbiamo assolutamente fargli allungare il time limit, altrimenti qui si salta tutti in aria- commentò Kashiwara.
-Dove si trova il ragazzo adesso?-
-Il padre ci ha detto di metterci in contatto con lui per far venire il figlio qui- aggiunse Tetsuo. Frugò nella tasca del camicie ed estrasse un foglietto. -Tieni, questo è il numero-
Daisuke prese il biglietto e fissò un cognome seguito da un mucchietto di numeri per una manciata di secondi. Alzò la cornetta e cominciò a comporre i numeri.
-Metti il vivavoce!- disse Kashiwara con un filo di voce. Obbedì.
-Pronto?- rispose un uomo.
-E' lei Aishi-san?- chiese immediatamente Daisuke.
-Si, chi è?- fece brusco l'altro.
-Daisuke Higuchi, del Tatsumi Memorial Hospital. Ho saputo della sua telefonata di questa mattina-
-Non mi sembra di aver parlato con lei, caro il mio dottore- disse sarcasticamente.
-Sono momentaneamente a capo dell'ospedale, visto che è stato tanto gentile da far avere un malore a mio padre- rispose pacato.
-Oh, mi dispiace- esclamò con tono falsamente ingenuo.
-Ho deciso di ricoverare suo figlio oggi stesso-
-Benissimo-
-A patto- incalzò l'altro -che ritrattiate il giorno della..."scadenza"- non riuscì a trovare un termine adatto.
-...- silenzio, a dir poco tombale.
-Aishi-san?- lo chiamò dopo qualche secondo.
-Perchè?- chiese poi.
-Perchè è impossibile trovargli un cuore sano in così poco tempo.- rispose con tono serio.
-Non dirmi cazzate per favore-
-Mi stia bene a sentire. Avere un cuore non è cosa semplice. Non si tratta di un surgelato da comprare al supermercato. Se vuole che suo figlio guarisca, deve stare alle nostre condizioni- disse tutto d'un fiato.
-D'accordo, accetto. Ma sia ben chiaro- il suo tono si fece minaccioso -se mio figlio muore prima dell'intervento state pur sicuri che andrete a salutare i vostri antenati- e riattaccò.
Il chirurgo sprofondò nella poltrona ed emise un profondo sospriro.
-Almeno il tempo è a nostro favore...giusto?- domandò Kashiwara dopo qualche secondo di silenzio.
-Sembrerebbe di si- disse in un sospiro.
-Allora non ci rimane che aspettare questo giovanotto- esclamò Maiko con un mezzo sorrisetto.

Passarono due interminabili ore dalla telefonata. Tutti i chirurghi che avevano ascoltato la telefonata ora si ritrovavano schierati davanti all'ingresso dell'ospedale, neanche fosse una partita di rugby. Kashiwara era palesemente in preda all'ansia. Andava avanti e indietro lanciando occhiatine veloci che palleggiavano da Tetsuo a Daisuke, che se ne stavano seduti tranquilli guardando fuori la porta. Maiko invece parlava con un'infermiera, chiedendole di preparare in fretta una stanza singola nel reparto di chirurgia.
Improvvisamente arrivò Airi di corsa. Si fermò davanti ai medici e riprese fiato -E'...è arrivato!- ansimò indicando l'ingresso secondario.
-Vado io, voi preparatevi- disse Daisuke frettolosamente.
Si diresse fuori e intravide una limousine rigorosamente nera. La guardò ancora per un secondo, poi si mosse e raggiunse l'auto. Da essa uscì un energumeno vestito di un completo nero con altrettanti occhiali da sole.
-Lei è Higuchi-san?- chiese squadrandolo da capo a piedi.
-Si- rispose semplicemente.
-Ryousuke-sama la sta aspettando. Prego.- disse aprendogli la portiera.
Titubante, Daisuke entrò nel veicolo dove lo aspettavano due paia di occhi.


2 capitolo

FIRST IMPACT

Se un estraneo li vedesse così, a primo impatto, non capirebbe chi dei due fosse il padre e chi il figlio.
Quando si era seduto sul sedile posteriore di quella limousine, si era ritrovato davanti due persone praticamente uguali.
Non proferì parola, aspettava che almeno uno dei due aprisse bocca quindi rimase a in silenzio senza trasparire alcuna emozione.
-Si ricorda di mio figlio Higuchi-san?- fu l'uomo alla sua destra a parlare, perciò dedusse che fosse quel simpaticissimo Yakuza della telefonata.
Posò il suo sguardo sul ragazzo di fronte a lui che lo fissava con occhi di ghiaccio. Notò che sul viso aveva bende e cerotti. Non se lo ricordava ridotto così, tre mesi fa.
-Certo che me lo ricordo- disse continuando a guardarlo -Perchè mi avete fatto entrare qui?- aggiunse.
-Volevo ultimare il nostro accordo. Sa non mi va di mettermi in bella mostra in un luogo pubblico come l'ospedale- ridacchiò. -Vi dò tutto il tempo che volete, l'importante è che mio figlio non muoia- disse ancora con aria divertita, cingendo le spalle del ragazzo sedutogli affianco.
-Bene. Io non ho niente da dirvi quindi vorrei portare il ragazzo nella sua camera-
-Konishi- chiamò l'altro, schioccando le dita.
-Si, Ryousuke-sama?- l'energumeno si abbassò verso il finestrino.
-Porta mio figlio nella sua stanza-
-Certo.- aprì nuovamente la portiera, questa volta per prendere il ragazzo che imperterrito continuava a fissare il chirurgo.
Daisuke si alzò ed uscì dal veicolo.
-Dottore- lo chiamò lo Yakuza - niente passi falsi che vi tengo d'occhio- e la porta si chiuse.
Senza perdere tempo raggiunse l'interno dell'edificio e accompagnò l'omone nella camera destinata al giovane.
-Signorino, faccia il bravo mi raccomando- disse l'omone sistemandolo nel letto. Il giovane grugnì e guardò fuori dalla finestra.
Sul viso dell'uomo apparve l'ombra di un sorriso, poi si girò verso il chirurgo -Siate pazienti con lui- accennò un inchino e se ne andò.
Come la porta si chiuse, immediatamente calò il silenzio. Daisuke rimase fermo lì, al centro della stanza. Scrutò il viso dei più piccolo. Ricordò la prima volta che mise piede nell'ospedale, tre mesi fa, e aveva la stessa identica espressione di adesso. Occhi vuoti e corrucciati. Prese una sedia e la sistemò vicino al letto. Si sedette schiarendosi la gola e cercò di usare il tono più dolce possibile. Anche se era figlio di uno Yakuza era pur sempre un paziente.
-Non vuoi dirmi come ti chiami?- chiese, soddisfatto del suo stesso tono di voce.
Niente. No comment. L'altro girò appena il suo viso per mandargli un'occhiata tagliente e poi tornò a guardare fuori.
-Beh, allora comincio io con le presentazioni- fece un colpo di tosse -Il mio nome è Daisuke Higuchi- si fermò aspettando qualche reazione.
Finalmente il giovane si girò completamente, tuttavia fissandolo con uno sguardo alquanto omicida. -Io ti odio- disse infine.
-Eh?-
-Sei sordo?-
-No, ma non capisco il perchè-
-Io non ci volevo venire qua!- urlò. Cercò di alzarsi ma fu colto da una fitta improssiva. Con un gemito, si raggomitolò velocemente su se stesso.
-Cos'hai?- si avvicinò. Il dolore sembrava provenire dal fianco sinistro.
-Non mi toccare- disse sottovoce.
-Senti, sono qui per questo. E poi altri dolori fisici possono essere dannosi per il tuo cuore. Forza, alzati la maglietta-
Se ne stava ancora in quella posizione senza dare alcuna risposta.
Daisuke era molto conosciuto per la sua pazienza limitatissima. L'afferrò per un braccio, gli tolse la maglia e lo fece stendere.
Si sorprese della poca resistenza che fece il ragazzo.
Fece vagare il suo sguardo sul corpo asciutto e mingherlino del giovane e inorridì nel vedere un enorme livido violaceo sul fianco destro.
Ne aveva molti altri più piccoli sparsi per il resto del corpo, ma notò che nessuno era nelle vicinanze cuore malato.
-Come te li sei fatti questi?- chiese preoccupato.
-Non sono affari tuoi- riuscì a dire l'altro.
Il chirurgo sospirò. -Così non mi aiuti, lo sai?-
-Io non voglio che mi aiuti!- grugnì.
-Ma perchè?-
-Perchè no e basta!- urlò ancora una volta.
Era ad un punto morto. Si rimise a sedere e sospirò nuovamente calando il capo. Ora si che si sentiva un fallito. Non riusciva nemmeno a sapere il nome del paziente a cui doveva espiantare il cuore. Paziente la cui morte sarebbe stata un detonatore fatale.
Con sguardo stanco si mise a guardare la stanza. Non si era mai reso conto di quanto fosse brutto per un paziente ritrovarsi in una stanza brutta e spoglia come questa.
I suoi occhi si fermarono sul comodino di fianco al letto.
Notò che vi era un bigliettino. Lo prese e vide che c'era scritto un numero di cellulare seguito da: per Higuchi-san.
Stranito, mise il pezzetto di carta nella tasca del camice e tornò a guardare il giovane.
Incredibile, lo fissava ancora.
-Se non mi sopporti perchè mi fissi?- chiese stancamente.
In tutta risposta il ragazzino arrossì e si girò dall'altra parte, ignorandolo.
Il chirurgo sbuffò e decise che per quella giornata poteva bastare così. Si alzò e si diresse verso la porta. Gli rivolse un'ultima occhiata.
-Riposati e non fare sciocchezze- e se ne andò.

-Non sai nemmeno in suo nome?- esclamò Kashiwara, quasi rovesciando un bicchiere di caffè.
-Masato, attento- lo riprese Tetsuo, con tono menefreghevole.
Higuchi emise un grugnito e sorseggiò la sua spremuta d'arancia, irritato.
Finalmene la pausa pranzo era arrivata. A quest'ora Daisuke doveva trovarsi a casa sua, in Canada. Voleva trovarsi lì.
Rimpianse di aver risposto al telefono quella mattina. Però ripensandoci, sarebbe stato da puro egoista, se non da bastardo, ignorare ciò che stava succedendo all'ospedale.
-Dai-chan entrerai nel guinness dei chirurghi sfigati!-
Ecco qua. Quando Masato Kashiwara cominciava a prenderti in giro, le sanguisughe non erano nulla al confronto.
-Tu non sei da meno Kashiwara- intervenne subito Maiko -Ricordi quando quel mocciosetto ti ha rifilato un calcio solo perchè volevi mettergli un cerotto?-
Oh yeah, bingo!
Daisuke guardò la faccia sconvolta del suo Sensei. Gli uscì una mezza risata, poi tornò a sorseggiare la sua bibita.
-Daisuke- lo chiamò la donna -non ti abbattere, su. In fondo c'è tempo per instaurare un rapporto con lui-
-Non è questo il problema Maiko, lo sai- rispose Higuchi, sempre più arrabbiato.
Maiko le rivolse uno sguardo apprensivo. Non lo sopportava. Non sopportava che gli altri lo compatissero perchè lui non riusciva a fare il suo dannatissimo lavoro. Che poi, com'è che è diventato chirurgo? Ah si, grazie a quell'uomo che ora è ricoverato nel suo stesso ospedale. A proposito.
-Come sta il vecchio?- chiese interrompendo i suoi pensieri.
-Oh. Sta una meraviglia. Può già camminare- rispose Tetsuo.
-Perfetto- disse, tagliente -E' ora che il suo sedere si rimetta a occupare la portrona che gli spetta- aggiunse freddamente.
Non gli passava nemmeno per l'anti-camera del cervello condurre quel pandemonio di ospedale. Il vecchio lo aveva obbligato a fare quel lavoro.
Certo Daisuke ha avuto un anno di carriera strabiliante, ma dopo quell'incidente vorrebbe solo dare fuoco al suo camice e dimenticare tutto. Se solo si potesse deifinire incidente quello.
-Oi, Dai-chan- Kashiwara interruppe il flusso dei suoi ricordi. -Prima hai detto di aver trovato un bigliettino nella stanza del mocciosetto-
-Oh, quello...- frugò nella tasca e lo prese.
-Che c'è scritto?- sembrava un cane curioso. Gli si poteva persino vedere la coda!
-Beh...c'è un numero ed è esplicitamente indirizzato a me...- disse pensieroso.
-E chiama! Forza!- lo esortò poi
Irritato, prese il cellulare e lentamente compose il numero. Avvicinò l'aggeggio all'orecchio e attese che qualcuno alzasse la cornetta.
-Pronto?- un uomo rispose dopo pochi squilli -Higuchi-san?- aggiunse poi.
-Ehm, si?- spiazziato, si chiedeva chi fosse.
-Sono Konishi Kitani, il bodyguard di Ryousuke-sama- rispose l'altro.
-Ah...come faceva a sapere che ero io?-
-Ho dato solo a lei questo numero-
-E perchè?-
-Perchè sapevo che avrebbe avuto problemi con in Signorino-
-Oh- colpito e affondato!
-Senta, non è bene parlare al telefono. Incontriamoci alla Caffetteria di fronte all'ospedale. A dopo.- senza lasciargli il tempo di rispondere, attaccò.
Per qualche secondo Daisuke rimase a fissare lo schermo del proprio telefono.
-Allora? Chi era?- fece Kashiwara all'improvviso.
-L'energumeno di questa mattina-
-Oh.- esclamò Maiko.
-Mi ha detto d'incontrarlo alla Caffetteria di fronte.- disse Higuchi alzandosi.
Non volendo sentire altri commentini da parte dei suoi colleghi, decise di raggiungere il luogo indicato in fretta.

Non si apsettava di trovarselo già lì. Lo riconobbe subito, anche se questa volta Konishi si era vestito con abiti decisamente più casual.
L'omone gli fece segno di avvicinarsi e sedersi.
Un pò initimorito, Daisuke prese posto.
L'uomo sorrise -Mi dispiace di sembrarle un animale- disse poi, inbarazzato.
-Oh, no no si figuri- rispose, imbarazzato allo stesso modo.
La cameriera spuntò sopra le loro teste. Ordinarono due semplici caffè e i due cominciarono a parlare.
-Davvero non le ha detto nemmeno il nome?- anche se sembrava un tipo minaccioso, ora il suo viso aveva assunto una carinissima espressione d'incredulità.
-Ack! La prego non infierisca- fece il chirurgo abbattuto.
-Ha ha ha. Non mi sorprende-
-Che intende?-
-Ultimamente il Signorino fa sempre così- rispose fissando il proprio caffè -Che tra l'altro si chiama Minato- aggiunse poi sorridendo.
Il chirurgo esultò mentalmente -Mi può spiegare perchè si comporta così?- chiese poi.
-Come ben sa, il Signorino è il figlio di uno Yakuza- cominciò assumendo un'espressione seria. -Quand'era piccolo era molto vivace. Per farla breve, il suo malumore è cominciato da quando Ryousuke-sama si è messo in testa di far diventare il Signorino come unico erede della famiglia Aishi.- continuò. Quando pronunciò il nome dello Yakuza, sembrava che i suoi occhi si fossero caricati d'ira. -Deve sapere che Ryousuke-sama ha altri due figli, Youji e Takase. Ora il problema è sorto quando si è scoperto che il Signorino è gravemente malato di cuore. Ryousuke-sama è andato su tutte le furie, prendendosela ingiustamente col Signorino- fece una pausa.
Daisuke ascoltava attentamente ogni singola parola.
-E' stato evidente fin dall'inizio che il Signorino non ha mai voluto diventare l'erede di famiglia-
-Per questo si rifiuta di farsi curare...- aggiunse il chirurgo, pensieroso.
-Esatto.-
Calò il silenzio.
-Le chiedo un ulteriore favore Higuchi-san- fece Konishi all'improvviso.
-Sputi il rospo- disse sospirando.
-Voglio che curi il Signorino ad ogni costo-
-Beh, non è che avessi avuto diversa scelta fin dall'inizio, eh-
-No, mi stia a sentire- proseguì l'altro -Voglio che quando metterà piede in casa sua, non lo farà più come l'erede della famiglia Aishi, ma come un normale ragazzo di 18 anni.-
C'era qualcosa di sottinteso in quella frase. Per un lungo tempo si guardarono l'un l'altro negli occhi, come se potessero capire i propri pensieri a vicenda.
-D'accordo, farò del mio meglio- disse infine, alzandosi.
-La ringrazio- sorrise.
Konishi si alzò anche lui e andò dritto a pagare -Offro io, tranquillo- disse sorridendo.
Uscirono insieme dal locale e si salutarono con una stretta di mano.
-Per qualunque problema sa come contattarmi- sorrise ancora ed entrò in una BMV nera. Accese il motore e andò via.
"Che tipo" pensò. Non se lo aspettava così gentile ed educato.
In quel momento, mentre guardava l'auto girare l'angolo e sparire, decise di fare un altro tentativo.


3 capitolo
THE ONE WHO DOESN'T WANT TO BE SAVED -part 1-

In cinque minuti tornò indietro, percorse la hall dell'ospedale e raggiunse la camera del ragazzo.
Arrivato davanti alla porta, fece un bel respiro e l'aprì.
Lo scenario non era cambiato più di tanto. Il giovane se ne stava seduto sul suo letto a guardare il panorama fuori della finestra, l'unica cosa di cui l'ospedale poteva vantarsi.
Ormai era giunto il tramonto e il sole donava agli occhi di Minato un colore impareggiabile. Da azzurri com'erano, alla luce del sole assumevano una bellissima sfaccettatura di colori. Incantato, il chirurgo rimase a fissarli, non rendendosi conto però che il ragazzo lo fissava a sua volta.
-Cosa vuoi?- chiese freddamente.
-No niente.- fece spallucce -E poi, che c'è? Non posso guardarti? Tu lo fai sempre...- disse senza pensare, guardandolo ancora negli occhi.
-T-taci!- arrossì e nascose il volto nel cuscino.
Era la seconda volta che lo vedeva arrossire. Sorrise. Anche se era sgorbutico lo trovava adorabile. Di certo non si poteva dire che fosse un brutto ragazzo. Al contrario. Era piccolo di statura, piuttosto magrolino e asciutto. La parte più bella era il viso. Era leggermente rotondo, la bocca piccola ma morbida, un naso piccolo che sembrava modellato con cura e due occhi da scioglierti, con una leggera forma a mandorla. Il tutto contornato da folti capelli neri che gli arrivavano fin sotto le orecchie.
-Allora, come ti senti Minato?- domando, calcando non poco l'ultima parola.
Il moretto si rimise a sedere e lo guardò con la bocca spalancata -Chi ti ha detto il mio nome?-
-Beh, prima è venuto un uccellino a farmi visita- disse divertito -un uccellino di nome Kitani Konishi- "e alla faccia dell'uccellino..." pensò non appena finì di parlare.
-Kitani?- il ragazzo si portò il pollice alla bocca -Che traditore...- esordì infine.
-Oh suvvia, non mi sembra una cosa così grave, no?- prese una sedia e si sedette vicino al letto. -E' molto preoccupato. Mi ha parlato un pò di te e finalmente ho capito perchè non vuoi farti curare-
-E infatti tu non lo farai- grugnì guardandolo con ira.
-Mi spiace, l'ho promesso- disse facendo un sorrisetto.
Beh, non aveva proprio fatto giuramento, ma si poteva dire che fosse sottinteso.
-Oh, ti hanno portato da mangiare?- disse dopo un pò, guardando il tavolino di fronte al letto.
-Non mi va- mugugnò
-Devi mangiare, è importante per la tua salute- disse facendosi serio.
-Che ti frega a te?- eccolo, era arrossito ancora.
-Mi frega eccome, signorinello- lo cantilenò, dandogli un pizzicotto sulla guancia. Poi si alzò e prese il vassoio.
-E sei anche fortunato!- esclamò mettendogli davanti le pietanze. -Ramen e Taiyaki in salsa di soia- disse soddisfatto, manco l'avesse fatto lui.
Poi sorrise di nuovo -Tu intanto mangia che devo fare una cosa importante- disse poi guardando l'orologio.
Il moro sbuffò e lo guardò con fare scocciato.
Il chirurgo si avvicinò alla porta e prima di andarsene gli fece un occhiolino, che fece trasalire il più giovane.

Sprofondò stancamente nella poltrona del suo ufficio, anche se doveva dire di sentirsi soddisfatto. Certo non era riuscito a strappare dalla bocca del moretto nessuna frase carina, ma alla fine gli ha parlato per almeno 5 minuti. Quel ragazzo era un vero enigma. Prima lo trattava come un pezzente e poi si metteva ad arrossire come una ragazzina dagli ormoni impazziti.
Fece un paio di giri su se stesso quando si ricordò di dover fare una telefonata.
Alzò la cornetta e digitò il prefisso per il Canada. Aspettò che qualcuno rispose.
-Pronto?-
-Tohru? Sono Daisuke-
-Fratellino! Ma dove sei finito?- urlò il ragazzino.
Il chirurgo sospirò. Quand'è che quell'invertebrato la smetteva di urlare quando parlavano al telefono?
-Abbiamo avuto un problemino qui all'ospedale- disse, pensando che forse "problemino" non era la parola più adatta.
-Aww, capito. E io che ti volevo qui, uffa.- poteva vedere la sua faccia imbronciata.
Rise. -Dai, prometto che non appena tutto finisce vengo lì. E poi dobbiamo ancora fare quel viaggetto insieme no?-
L'altro urlò di gioia.
-Però se urli ancora te lo scordi- lo rimproverò massaggiandosi le tempie.
-Scusa scusa- ridacchiò.
-Beh, volevo solo dirti questo. Mi raccomando stai attento quando usi i fornelli e- -E spegni sempre tutto prima di uscire, si lo so lo so- continuò l'altro, ridendo.
-Hmpf, moccioso- fece con un sorrisetto stampato in faccia. -Va bene, si è fatto tardi, devo andare. Salutami tutti.-
-Ok! Bye fratellino!- e riagganciò.
Tohru Higuchi era il suo unico fratello. Anzi fratellastro. Era un giovinetto di appena 13 anni ma già sapeva il fatto suo. Abitava da solo in Canada, anche se aveva il supporto di zii e nonni. Daisuke lo adorava. Torhu era l'unica persona che lo capiva veramente, nonostante fosse ancora un ragazzino. Dal canto suo, il vecchio non lo calcolava minimamente da quando ha messo piede nella famiglia. Ricordò con rabbia tutte le sfuriate che aveva fatto a suo padre.
-Che vecchiaccio malefico- pensò ad alta voce.
Dopo un pò decise di tornare di nuovo dal moretto. Si alzò e si avvicinò alla porta, aprendola.
Si fermò di colpo.
-Oh, salve Higuchi-san-
-Come mai di nuovo qui?- l'uccellino era tornato!
-Beh, ho pensato di portare qualche cosa per il Signorino- fece portandosi una mano dietro la testa, imabarazzato.
-Ah- esclamò -Stavo proprio andando da lui, se vuole glieli porto- disse sorridendo. Ci teneva proprio a quel ragazzo.
-Si grazie. Vado un pò di fretta, quindi...- disse porgendogli la borsa. Era inaspettatamente pensatuccia. Daisuke ci buttò dentro un occhiata e vide che c'era un IPod, un quaderno e altre cose che tuttavia non riuscì a vedere bene.
-Bah, io scappo. Grazie ancora!- disse correndo via.
Lo guardò andare via e cominciò a pensare di essere circondato da gente alquanto strana.
Fece spallucce, si mise le mani in tasca e tornò indietro da dove era venuto.

Se la prese comoda e arrivò alla stanza del ragazzo dopo una buona manciata di minuti.
Si fermò perchè vide che la porta della camera era aperta. Insospettito entrò e si sorprese di trovare Kashiwara al suo interno.
-Che ci fai qui?-
-Dai-chan- sembrava sconvolto. -Minato è sparito-
Gli ci volle un pò per captare il messaggio. Deglutì. Lanciò la busta al Sensei e uscì fuori dalla stanza -Non ti muovere da qui!- urlò prima di uscire.
Controllò ad una ad una tutte le camere del corridoio, quando arrivò alla fine di esso pensò di controllare anche il bagno degli uomini.
Entrò spalancando la porta con furia e si fermò, impetrito.
Era steso per terra e tremava come una foglia. Attorno a lui erano sparse delle pillole che riconobbe subito.
Si avvicinò immediatamente a quel corpo scosso da convulsioni.
-Minato! hey, rispondimi- lo scosse -Apri gli occhi forza!- gli diede qualche colpetto sulla guancia. -Minato!- urlò.
Lentamente, il moretto aprì gli occhi. -Heh...lo sapevo...che saresti venuto...accidenti...- fu scosso da un'altra convulsione.
-Ovvio che sarei venuto razza di idiota!- lo prese in braccio e si alzò. Il giovane strinse il suo colletto.
-Io non voglio essere salvato...- sussurrò prima di perdere i sensi tra le sue braccia.

4 capitolo
THE ONE WHO DOESN'T WANT TO BE SAVED -part 2-

"Sensei! Sensei! Guardi qui!"
"Lei mi piace tanto Sensei!"
"Andrà tutto bene...vero Sensei?"
"Sensei!"

Si svegliò di soprassalto, ansimante. Ci mise un minuto a rendersi conto di trovarsi nella stanza di Minato e di essersi addormentato lì.
Sbattè le palpebre degli occhi un paio di volte per schiarirsi la vista mentre il suo cervello fu portato alla realtà dal suono dell'elettrocardiogramma.
Guardò il moretto beatamente addormentato respirare regolarmente. Almeno le convulsioni erano finite. Sospirò sollevato.
Quel grandissimo pezzo d'idiota aveva ingerito una quantità industriale di sonniferi. Voleva proprio ammazzarsi!
Si alzò e stiracchiò i propri muscoli, sentendoli tutti indolenziti, nessuno escluso.
Facendo attenzione a non fare nessun rumore, uscì dalla camera. Fuori trovò Kashiwara e Maiko ad attenderlo.
-Allora?- chiese l'uomo ansioso.
-Nulla di nuovo. Dorme.-
-Per fortuna gli abbiamo fatto in tempo una bella lavanda gastrica- la donna sospirò, stanca.
-Non oso immaginare cosa sarebbe successo se quel moccioso sarebbe morto-
-Pensate anche un pò a lui, insomma-
-Oh ho! Che c'è? Ti preoccupi per lui ora?- lo punzecchiò il Sensei.
Daisuke non rispose, ma gli lanciò un'occhiataccia abbastanza gelida da farlo stare zitto.
-Beh...forse è meglio che me ne vada, eh- impacciato, l'uomo girò i tacchi e sparì.
-Mi sono permessa di chiamare Ayako- disse la donna dopo un pò.
-Accidenti, proprio lei?- chiese Higuchi infastidito.
-Perchè hai qualche problema tesoruccio?-
Il chirurgo s'impetrì. Eccola, la rovina della sua vita. Ayako Katsuhara, la psicologa più rinomata del Giappone. E sua ex-moglie con alle spalle 7 anni di matrimonio.
O di convivenza forzata, fate voi.
Si girò verso di lei a rallentatore. Voleva allontanare sempre di più l'istante in cui avrebbe rivisto la sua faccia.
Istante che però durò davvero poco, visto che la donna si parò davanti ai suoi occhi.
-Come va pasticcino?- chiese con entusiasmo, strizzando l'occhio.
Higuchi non riuscì a fare altro che emettere un grugnito e fissarla in cagnesco.
-Mamma, non sei cambiato affatto- fece lei con indifferenza.
Maiko decise che era meglio stroncarli sul nascere, così mise subito in mezzo l'argomento più "in" della giornata.
-Ayako-san, vorrei che desse un'occhiata al ragazzo...-
-Oh, oh si giusto!- sembrava una ragazzina che aveva appena scoperto uno scoop piccante. La psicologa guardava il chirurgo con sguardo carico di malizia.
Mentre Maiko le riferiva i dettagli, ogni tanto la strega sogghignava e gli lanciava occhiatine a destra e manca.
Higuchi, infastidito, pensò che era meglio tornare al lavoro. Silenziosamente si dileguò non appena Ayako si distrasse e s'intrufolò nuovamente nella stanza del ragazzo.
Cercò di entrare il più piano possibile, ma non appena fu dentro si sorprese di trovarlo già sveglio. Chiuse la porta e lo guardò, senza proferire parola.
Minato si accorse di un'altra presenza nella stanza e spostò il suo sguardo su quello del chirurgo. Il suo viso aveva un espressione vuota, ma ogni secondo che passava
il suo sguardo diventava più intenso. Higuchi per qualche assurdo motivo si sentiva imbarazzato e si mise a guardare il resto della stanza.
-Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- dopo qualche minuto il ragazzino parlò con voce priva di tono, quasi come se fosse un robot.
Il chirurgo tornò a guardarlo e notò che gli occhi di di Minato erano malinconici, tristi. Lentamente si avvicinò a lui e prese la consueta
sedia e si sedette, stancamente. Il ragazzo non osava spostare i suoi occhi, quasi come se fosse una sfida. Ne tantomeno il dottore ci pensava a farlo. Ironicamente, Higuchi pensò che
stava diventando un gioco di sguardi, dove chi distoglieva gli occhi per primo avrebbe dichiarato la sua sconfitta. Non passarono nemmeno 5 minuti che il ragazzino arrossì e si mise
a guardare fuori dalla finestra.
1-0 per Daisuke.
-Perchè arrossisci?-
-Non sono affari tuoi- grugnì il giovane.
-Oh andiamo...Arrossisci solo con me mocciosetto- se la meritava una spiegazione no?
-Stai zitto!- Minato preso un cuscino dietro di sè e glielo sbattè in faccia. Il chirurgo, sospreso, quasi cadde a terra.
-La principessa si è alzata con la luna storta eh?- lo punzecchiò, pensando che non aveva alcun senso arrabbiarsi come una biscia in quel momento.
Era acido si, ma era pur sempre fragile, e stava facendo di tutto per nasconderlo.
-Fanculo- sibilò.
-Che principessa scostumata!- fece assumendo un'espressione inorridita. -E comunque non mi hai ancora risposto, baby- gli arrivò un'altra cuscinata, ma stavolta riuscì a scansarla.
Rise e riportò i cuscini dov'erano, cercando di sistemarglieli per bene.
-Che ne dici di mettere qualcosa in quello stomaco che ti ritrovi?- chiese, cercando di apparire il più cortese possibile.
Minato sbuffò, incrociando le braccia al petto.
2-0. Evvai!
Higuchi si diresse fuori la porta e comunicò a Maiko di far portare qualche pasto decente nella stanza del giovane.
Rientrò dopo qualche minuto e stavolta si sedette ai piedi del letto. Minato aveva lo sguardo basso e giocherellava con le dita.
Il dottore era curioso, voleva conoscere di più quel ragazzo scontroso, tuttavia in quel momento non aveva la minima intenzione di stare lì a
battibeccare come due cretini, incazzarsi come non mai e perdere energie inutilmente. Così attese in silenzio l'arrivo dell'infermiera con un bel pasto caldo.
La giovane donna posò il vassoio sul comodino adiacente al letto, sorrise, s'inchinò e si dileguò. E tutto questo muta come un pesce.
-Beh, ti lascio da solo, non vorrei che la mia presenza ti inacidisca ulteriormente e ti faccia passare la fame- disse, ridendo poi alla faccia scioccata di Minato.
Si alzò e si diresse verso la porta, non senza aver emesso un pesante sbadiglio.
"E' ora di tornare a casa" pensò stancamente.
Si girò e salutò il ragazzo con la mano, ottendendo uno sbuffo come risposta. Sorridendo uscì dalla stanza e vide che Maiko e Ayako erano ancora li a parlare.
O a tramare qualcosa di profondamente infimo, che forse era l'espressione più adatta.
Katsuhara lo notò e cominciò ad attirare la sua attenzione agitando le braccia come una forsennata, tutta eccitata.
Più la vedeva e più non la sopportava.
Dopo il loro divorzio era sparita per circa tre anni, lasciandolo senza casa e con la pretesa che le pagasse gli alimenti. Cioè, LEI si era portata a letto il primario
di chirurgia e LUI le doveva pagare gli alimenti?
A quel pensierò fece schioccare le labbra con ira. Mentre lei ancora si sbracciava come un ebete, lui le lanciò uno sguardo fulminante, che la fece smettere subito.
Dopo qualche secondo si avvicinò a loro, con le mani in tasca e con uno sguardo carico di strafottenza.
-Sei proprio un animale lo sai?- la psicologa gli fece la linguaccia. Non seppe dire chi lo trattenne da darle un cazzotto proprio lì, su quella bocca che odiava più di ogni altra cosa.
E dire che si era perdutamente innamorato di lei. Quella donna che aveva rubato il suo cuore durante gli anni del college e che tutta felice rispose di si quando le chiese di sposarla.
Se non avesse rischiato la galera l'avrebbe fatta fuori volentieri, con le sue stesse mani.
-Higuchi, Ayako si è offerta di parlare col ragazzo- esordì l'altra donna. Il dottore grugnì.
-Sei l'ultima persona al mondo a cui vorrei chiedere una cosa del genere- cominciò il chirurgo -però sei l'unica psicologa prensente nel raggio di miglia-
-Grazie tante caro- disse poggiando le mani sui fianchi.
-Prego stregaccia- rispose ridendo -Ti avverto- aggiunse poi -vacci piano col moccioso che non è l'essere più amichevole della terra. E soprattutto non spaventarlo.-
-Tranquillo, anche se non sembra il mio mestiere lo so fare abbastanza bene- lo rassicurò con uno sguardo alquanto sensuale. Che con lui non attaccava più.
-Bene, lo affido a voi. Io ho bisogno di tornare a casa che ho il cervello in fiamme- disse Daisuke massaggiandosi le tempie.
-Va bene, ma non spegnere il cellurare, ok? Potremmo aver bisogno di te in qualunque istante- fu Maiko a parlare.
-Si si...- rispose stancamente, mentre cominciava già ad allontanarsi.
-Pasticcino? Dove vai?-
Si girò -Che diavolo vuoi? Ho detto che torno a casa-
La psicologa sbuffò -Prima ho bisogno di altri dettagli sul ragazzo- spiegò facendo spallucce.
Voleva tirarle qualcosa addosso ma non aveva nulla a portata di mano. Come se non avesse detto nulla, girò di tacchi e trascinò la donna per la manica.

-Allora?- la donna soffiiò sul suo the bollente, in attesa di risposta.
L'aveva portata al bar dell'ospedale visto che era un luogo tranquillo per chiacchierare.
-Che vuoi che ti dica? E' una belva selvatica. Fa quello che gli pare e piace- disse Higuchi sorseggiando la sua camomilla, il suo toccasana preferito per l'emicrania.
-Risponde con grugniti e sbuffi- aggiunse.
-Beh, anche tu lo fai-
Le diede uno sguardo di sufficienza, anche se sapeva che in fondo aveva ragione. Ma odiava il fatto che a dirlo fosse lei.
Bevve un altro sorso della bevanda e la guardò.
-Voglio che tu utilizzi qualunque tecnica a tua disposizione per farlo parlare-
-Parlare...a che proposito?-
-Maiko ti ha detto dei lividi no?- chiese assottigliando gli occhi.
-Oh- esclamò semplicemente lei.
-Ti autorizzo ad usare anche quella tecnica- disse con tono serio.
Ayako lo fissò preoccupata -Sei sicuro?-
-Sicurissimo- sentenziò alzandosi. -E la camomilla me la paghi tu, tesoruccio- disse allontandosi in fretta, senza lasciarle un minimo tempo per rispondere.
Raggiunse in fretta l'uscita dell'ospedale e fu sorpreso di trovare il suo scooter parcheggiato proprio a pochi metri di distanza.
Sorrise, sapendo già di chi era stata l'opera. Rimuovendo il biglietto con su scritto "Non correre screanzato! by Kashiwara", si sedette sul sedile e accese il motore.
Velocemente raggiunse la strada e si avviò verso la sua vecchia casa, sentendo il freddo vento di quella sera tagliargli il viso.

-continua-

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